In questi tre giorni entriamo in contatto profondo con noi stessi facendo esperienza della natura. E’ un “tempo piccolo”, ma possiamo espanderlo nella pienezza della pratica, diventando noi stessi un “non tempo”, intercettando una dimensione più profonda, grande, potente, come la montagna.

La montagna è da sempre luogo mistico che ha ispirato le più grandi esperienze spirituali, dei santi, degli eremiti, dei baba indiani. In “Autobiografia di uno Yogi” Paramahansa Yogananda ci parla di Babaji, un santo venerato capace di portare benefici a coloro che lo invochino e perfino a coloro che ne pronunzino soltanto il nome. Babaji vive da secoli nelle vette settentrionali dell’Himalaya, immerso in preghiera e legato alla vita terrena unicamente dal desiderio compassionevole di portare benefici all’umanità ignorante e sofferente, immersa in questo oscuro “Kali Yuga”. (“Le vette dell’Himalaya settentrionale, nei pressi di Badrinath, sono ancora oggi benedette dalla presenza di Babaji. Questo solitario Maestro conserva la sua forma fisica da secoli, forse da millenni” e riporta la solenne promessa di Babaji: “Non abbandonerò mai il mio corpo fisico, che rimarrà sempre visibile almeno ad un piccolo gruppo di persone su questa Terra”).